Ogni volta ci si trova davanti a problemi del tipo: Due tubi versano acqua in una vasca contemporaneamente; la vasca può contenere litri tot, la portata del primo tubo è di…, quella del secondo è di…; si chiede in quanti minuti riempiranno la vasca, siamo davanti a un’equazione. Poiché infatti ci è sconosciuto il numero di minuti che sono necessari per riempire la vasca, lo rappresenteremo con x. Un’equazione generalmente si scrive sotto la forma ax + b = 0. L’equazione è un’eguaglianza che sussiste solamente per determinati valori di una o alcune lettere che vi sono in essa.
Una eguaglianza sarà un’identità allorché sarà vera per qualsiasi valore delle lettere che vi compaiono. Risolvere un’equazione significherà trovarne le soluzioni, o meglio trasformarla in modo che raggiunga la forma:
(x — a) • (x— b) • (x — u) = O
poiché essa ci dice allora che le possibili soluzioni sono a, b, c, … n. Scritta l’uguaglianza:
5x — 4 = 4(x — 1)
ci si può proporre di cercare, se esiste, un qualche valore di x che renda il valore numerico del primo membro uguale al valore numerico del secondo.
In altre parole il problema consiste nel trovare quel dato valore di x o meglio quel numero che, trascritto al posto di x, verifichi detta uguaglianza. Quando la x compare senza esponente, cioè non figura al quadrato (x2) o al cubo (x3) o alla ennesima (xn), l’equazione si dice di primo grado, altrimenti di secondo, terzo, ennesimo grado.
Diremo cioè che grado di un’equazione è il grado del polinomio rispetto alla lettera ordinatrice (indicata solitamente con x) ovvero è dato dal massimo esponente con il quale la variabile appare. Membri di una equazione si diranno le espressioni separate dal segno =, termini di un’equazione quelli invece separati dai segni + o —.
Tutte le volte che si eguagliano due espressioni letterali di x, allo scopo di cercare quali siano gli eventuali valori di x che le rendano uguali, si dice che si scrive una eguaglianza « condizionata », una equazione alla incognita x.
Lo incognite non sono che le variabili presenti noi due membri dell’equazione. Quando due equazioni ammettono le stesse soluzioni, avremo due equazioni equivalenti. Questa definizione è importante.
Infatti la risoluzione di un’equazione con incognita x non è altro che la ricerca delle sue soluzioni; essa consiste nel sostituire l’equazione con altro equivalenti (però più semplici della data).
So un’equazione non ha soluzioni si dico impossibile, così:
2x + 3 = 2x
è un’equazione impossibile, perché 2x + 3 è sempre maggiore di 2x. Altrettanto
dicasi per:
0x = 4
perché qualunque sia il valore che si attribuisce alla x, il primo membro è sempre uguale a zero e quindi minore di 4.
Un’equazione i cui due membri siano polinomi chiamasi intera. Se invece uno dei membri o entrambi sono espressioni letterali (razionali) non intere, l’equazione dicesi fratta.
Si ha un’equazione ogniqualvolta si trovano di fronte due espressioni matematiche di grandezze, unite mediante il segno di uguaglianza; senonché se le due espressioni sono già visibilmente eguali (10 + 5 = 15) non abbiamo una eguaglianza ma una identità.
Chiediamoci ad esempio: qual è quel numero il cui doppio, diminuito di 3, dà 5? La domanda trova facile risposta in un’equazione:
per fare ciò, basta chiamare x il numero da determinare (quello che i greci chiamavano arithmos), l’incognita diciamo noi, e considerarlo nei calcoli come un qualsiasi altro numero.
Avremo
2 • x — 3 = 5 .
Si tratta ora, appunto, come è stato detto, di trovare il valore da dare all’incognita x, in modo che ciò che è scritto a sinistra dell’uguale (il primo membro) sia effettivamente uguale a quanto è scritto a destra (il secondo membro).
Osservazione: se aggiungiamo o togliamo ad ambo i membri lo stesso numero, il valore di x non cambia. Infatti sommando 3 si ha
2 • x — 3 + 3 = 5 + 3
2 • x = 8 .
Inoltre la x non varierà neppure col dividere ambo i membri per 2:
x = 4 (numero cercato).
L’equazione offrirebbe il destro per introdurre i numeri relativi già considerati, infatti per risolvere la seguente equazione: x + 2 = O occorre sottrarre 2 da ambo i membri
x + 2 — 2 = 0 — 2
x = 0 — 2 .
Che cosa si ottiene togliendo 2 dallo zero? Il numero relativo che la risolve (— 2) indica una entità matematica esprimente la « mancanza » di oggetti; numero quindi che rappresenta una diminuzione, una sottrazione.
L’equazione può pertanto essere letterale o numerica a seconda che vi siano, o meno, lettere al di fuori delle incognite presenti in essa; ad esempio, letterale sarà ax2 + bx + c = O mentre l’equazione 5x + 4y = 7 è numerica non contenendo altre lettere all’infuori delle incognite x, y.
Se l’equazione data ha una sola incognita x le sue soluzioni si diranno radici. Prendiamo ad esempio l’equazione x(x — 1) = 7(x— 1); essa avrà come radici x = 1 e x = 7, poiché se sostituiamo l’incognita x con 1 o 7 in entrambi i membri, essi assumono valore uguale. Infatti, per x = 1 avremo 0, e per x = 7 avremo 1,2).
Uno schema pratico sulle equazioni
a) un’equazione è formata da due membri: primo membro è quello che precede l’ = (segno d’eguaglianza), secondo membro quello che lo segue.
b) un termine d’una equazione può esser trasportato da un membro all’altro purché lo si cambi di segno.
e) l’equazione avrà sempre le stesse soluzioni sia che noi dividiamo o moltiplichiamo entrambi i membri d’una equazione per uno stesso numero (o espressione) purché diverso da 0.
d) se nell’equazione è presente un numero razionale non intero si moltiplicheranno ambo i membri per il denominatore (o se più numeri non interi si cercherà il m.c.m., ecc.) in modo da ridurre a forma intera tutti i coefficienti .
e) in entrambi i membri dovranno esser eseguite tutte le operazioni necessarie a ridurre ognuno di essi alla forma mx + n o al solo termine noto; poi si trasporterà nel primo membro ogni termine contenente la x e nel secondo i termini noti; si procede poi alle necessarie riduzioni. Es.:
7x — 2(x — 4) = 2x + 4x + 6
7x – 2x + 8 = 2x + 4x + 6
trasportando i termini:
7x — 2x — 2x — 4x = 6 — 8
(cambiando segno) x = 2.