Un’equazione di secondo grado si presenta nella forma ax2 + bx + c = 0; in essa l’incognita è la variabile x mentre le le lettere a, b, c, sono numeri noti.
Condizione:
a ≠ 0.
Iniziamo dal caso c = 0. L’equazione assume allora la forma
ax2 + bx = 0, [oppure x(ax + b) = 0].
Se x = 0 (oppure ax + b = 0) tale prodotto diventa nullo;
quindi e naturalmente l’equazione ammetterà le due soluzioni e cioè x’ = 0 e .
Se b = 0, l’equazione assume la forma ax2 + c = O. Questa equazione può anche scriversi nella seguente forma
Il coefficiente a non è nullo: il prodotto diventa nullo alla condizione che anche x2 + c/a sia nullo.
In particolare consideriamo il caso in cui ; l’equazione in questo caso non ammette soluzioni.
Se c = 0 l’equazione assume. la forma x2 = 0 (ammette allora due soluzioni uguali e coincidenti, soluzione per x = 0).
Vediamo adesso il caso contrario . Si avrà allora la forma
Quest’espressione possiamo scriverla
Avremo pertanto le due soluzioni
Se si fa invece l’ipotesi che b e c non siano nulli, avremo la scrittura
L’equazione potrà scriversi
ma
non è che l’inizio dello sviluppo del quadrato di
Se 4ac — b2 è maggiore di zero, (4ac — b2/sup>) > 0, la parentesi che contiene il quadrato positivo o nullo sommato alla quantità positiva
risulta positiva. Il suo prodotto per a non può pertanto essere nullo e l’equazione non ha alcuna soluzione.
Se invece 4ac — b2 = 0 l’equazione verrà scritta nella forma
e il primo membro risulterà nullo a condizione che
questa è la sola risoluzione dell’equazione stessa.
Se invece 4ac — b2 risulta minore di 0 l’equazione risulta della forma
Se uno dei fattori è nullo, anche il primo membro è nullo quindi l’equazione ammette soltanto due soluzioni
È interessante notare che ove i coefficienti a e e risultino di segno contrario il loro prodotto (ac) risulta negativo (— 4ac è dunque positivo e l’espressione b2 — 4ac è pertanto positiva). L’equazione ammetterà quindi due radici distinte. A tale quantità b2 — 4ac (il cui segno permette di distinguere, tra le equazioni che hanno due radici, quelle che ne hanno una e quelle che non ne hanno affatto) si dà il nome di discriminante dell’equazione stessa. Infine in certe equazioni il coefficiente b risulta il doppio di un numero semplice e lo scriveremo b = 2b’. La formula di risoluzione si scriverà allora:
La quantità sotto il segno di radice risulta essere il quarto del discriminante.
Interessanti applicazioni delle equazioni si hanno nella misura dei volumi (capacità). Poniamo d’avere infatti nella credenza tutta una serie di scatole, conservate gelosamente da nostra moglie — attirata, si potrebbe giurare, dalle variopinte etichette — e immaginiamo che noi si voglia adoperarne qualcuna, che so, per riporci del tabacco.
Apriamo lo sportello della credenza e osserviamo che ve ne sono di rettangolari e di cubiche. Dovendo scegliere dal punto di vista della migliore utilizzazione possibile del materiale, tra una scatola rettangolare e una cubica, quest’ultima, a parità di volume, è infatti la costruzione più economica.
Considerata S l’area totale avremo la seguente formula:
S = 2b2 + 4bh
b = lunghezza del lato base
h = altezza.
La formula che ci dà il volume, ovvero la capacità, è V = b2h.
Queste due formule possono essere considerate come equazioni in cui S rappresenta una costante mentre b e h sono delle variabili o incognite che dir si voglia. Due equazioni e tre variabili quindi; è poi senz’altro possibile ridurle a una equazione con due variabili:
(il massimo o minimo valore di V lo si ha allorché l’incremento è pari a 0) pertanto
il massimo volume si ha allorché b è pari a . Nel medesimo tempo
Osserviamo che i valori ottenuti di b e di h sono uguali: .
Ne deriva che il massimo volume con la minore superficie si ha quando b è uguale a h. La nostra scatola avrà quindi la forma di un cubo.